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Cronaca

L’ultimo post di Luigi Di Maio prima del silenzio elettorale

Inserito da (admin), venerdì 2 marzo 2018 22:41:40

di Luigi Di Maio Voglio leggervi una lettera. Una lettera che parla della mia generazione, tutte quelle persone che sono nate tra la metà degli anni '70 e la fine degli anni '90, quelli che oggi hanno grossomodo tra i 20 e i 40 anni, ed è indirizzata a tutti quelli che ci guardano perchè noi siamo il futuro del Paese, ma che ancora non si fidano del tutto di noi. Noi siamo stati chiamati in tanti modi. Generazione y, millennials, tanti nomi perchè in fondo chi ci guardava da fuori non ci ha mai capito. La realtà è che siamo la generazione del "nonostante tutto". Perché noi siamo quelli che nonostante tutto ce la stanno facendo. All’inizio sembrava tutto perfetto. I nostri genitori avevano un lavoro e il futuro sembrava assicurato. Poi mentre crescevamo tutto è cambiato all'improvviso e lì per lì non ce ne accorgemmo. Il muro di Berlino che cadeva in diretta Tv. Tangentopoli e Mani Pulite. Il rumore del modem 56k che si diffondeva in casa. L'11 settembre del 2001. Un ordine che era lo stesso da 50 anni si stava sgretolando. Poi siamo cresciuti e abbiamo fatto l’università perchè ci avevano raccontato che bastava prendere una laurea per avere un posto fisso, guadagnare dei soldi, fare un mutuo e mettere su famiglia. Invece no, non è stato così. Ci siamo trovati ad affrontare un mondo che non eravamo stati preparati ad affrontare. Non è stato facile, anche perchè mentre ci attrezzavamo per prendergli le misure dovevamo sorbirci pure quelli che ci dicevano che era colpa nostra se non riuscivamo ad avere "successo", se non compravamo la casa, se non ci sposavamo. Ci davano dei bamboccioni. Non ci siamo abbattuti. Ci siamo evoluti. Abbiamo cambiato mentalità. Ci avevano detto che dovevamo seguire dei binari prestabiliti, ma poi ci siamo accorti che era un binario morto. E allora abbiamo spiccato il volo. Abbiamo mollato i vecchi metodi e abbiamo cominciato a cercare nuove informazioni su internet e le abbiamo trovate. Abbiamo fatto i camerieri per pagarci gli studi. Abbiamo speso un sacco di soldi in affitto, mezzi pubblici e cellulari. Ci siamo inventati nuove professioni. Abbiamo creato startup. Abbiamo fallito innumerevoli volte. Abbiamo viaggiato come mai nessuna generazione prima di noi. Abbiamo imparato le lingue. Siamo andati all'estero a fare esperienza perchè qui le porte erano aperte solo per i "figli di" o per quelli che avevano il doppio dei nostri anni e non avevano nessuna intenzione di mollare il loro posto. Il mondo è cambiato e allora noi siamo cambiati assieme al mondo, adattandoci ai nuovi contesti. E ora siamo diventati grandi. E vogliamo rivendicare il diritto a guidare il cambiamento di cui il Paese ha bisogno. Perchè il mondo è cambiato, noi siamo cambiati, ma l'Italia è sempre la stessa. Quelli che comandano, quelli che si candidano a governare sono sempre gli stessi da 20 anni. La mobilità sociale non esiste, i più ricchi di oggi sono gli stessi del secolo scorso. E questo succede solo in Italia. Questo Paese non cambia e non si adatta al mondo perchè chi comanda non vuole cambiare e ci sta portando sempre più giù. Per una evoluzione della specie devono cedere il passo. Non è una minaccia, è una legge biologica, ed è la storia a dircelo. Noi abbiamo il dovere di cambiare questo Paese, abbiamo la responsabilità di dotarlo delle nostre competenze per farlo entrare dalla porta principale nel mondo che è cambiato. Perché così com'è non si va da nessuna parte. Chiedete a un burocrate di scrivere una poesia. Non ci riuscirà mai. Il mondo di oggi è caratterizzato dall'incertezza, ma quello che lo rovina è l’assenza di solidarietà. L'orologio dell'apocalisse oggi segna 2 minuti. Vuol dire che ci vogliono 2 minuti per distruggere tutto il mondo. Noi viviamo in quest'epoca di precarietà estrema. Ci siamo adattati, sappiamo cavalcare questa tigre e vogliamo farlo con due obiettivi fondamentali: la massima qualità della vita e il massimo senso della comunità. Vogliamo un lavoro, vogliamo una famiglia, vogliamo una casa. Ma con il Sistema che c’è adesso non lo avremo mai. Bisogna cambiare e adattare al mondo che è cambiato. Noi sappiamo come farlo. La nostra parola d'ordine è una: solidarietà. Ricordo una famiglia, giovane, una coppia con una bambina che ha una malattia rara. Li ho incontrati mesi fa, in un paese in Lombardia. Per andare al lavoro usavano ogni giorno un ponte sul Po, un ponte a cui una classe politica indegna non si è nemmeno mai curata di fare manutenzione. Quel ponte è stato chiuso e ha peggiorato la vita di decine di migliaia di persone. Devono fare i salti mortali per recarsi al lavoro, per andare a prendere la bambina, hanno costruito una rete di solidarietà tra amici e famigliari, perché è questo che succede in un Paese dove non è mai lo Stato a essere solidale. Questo lo vogliamo e lo dobbiamo cambiare. Abbiamo lo spirito degli imprenditori, dei commercianti, dei grandi inventori! Che sono quelli che hanno reso grande questo Paese. Gli Olivetti, i Marco Polo, gli Enrico Fermi! Sappiamo che il mondo non è stabile, ma sappiamo anche che è ricco di opportunità che possono essere colte. Guardare il futuro non ci spaventa, ma ci esalta! Gli altri guardano il futuro e vedono il buio, noi vediamo la luce. Siamo noi che dobbiamo aprire l'Italia al mondo. Dimenticheremo la retorica della crescita dello zerovirgola. La stabilità del più zero virgola è una truffa. E’ una media tra l’1% ricchissimo che diventa sempre più oscenamente ricco senza prendersi nessun rischio e il 99% che rischia ogni giorno ma che diventa meno ricco, o rimane povero o diventa ancora più povero. Basta tagli e politiche di austerità che ci hanno distrutto la vita. Rovesciamo il paradigma. Noi vogliamo crescere, vogliamo raddoppiare, triplicare, decuplicare, giungere a livelli mai visti prima, non solo nei parametri economici ma nella qualità della nostra vita. Dicono che non lo possiamo fare, ma siamo noi a fissare l’asticella dove vogliamo. L’indicatore non sarà più il PIL, che ormai non è preso più in considerazione nemmeno dagli economisti, ma solo dai vecchi politici che lo usano per giustificare i loro fallimenti. Per loro se il PIL sale dobbiamo essere tutti felici. Questo è il loro ragionamento. Io non capisco questo pensiero, non lo voglio capire. Lo voglio ribaltare. Vogliamo prendere come indicatore la felicità e la qualità della vita. La politica economica che per noi è naturale è quella espansiva, che non significa solo mettere soldi pubblici nell’economia, ma è un modo per rischiare e iniziare finalmente a scommettere sul futuro. Il nostro futuro. In questi mesi io ho girato tutta l’Italia, in un pulmino, da Nord a Sud. Ho incontrato tantissime persone, studenti, imprenditori, giovani che ce l’hanno fatta, nonostante tutto. Sono persone che mi hanno guardato negli occhi e mi hanno detto che non vogliono demordere, per niente al mondo! Pretendiamo un ricambio veloce e vogliamo che sia mantenuto costante. La flessibilità deve essere massima per chi prende le decisioni. Io ho il diritto di sapere cosa fa chi ha un incarico. Trasparenza! Se uno non è in grado se ne va. Competenza! Se uno è bravo va avanti. Meritocrazia! Questo è quello che pretendiamo! Noi vogliamo volare, ma con la tranquillità di sapere che puoi osare perché c'è lo Stato che ti protegge se cadi. Mai più soli e sempre liberi di volare e di rischiare. Uno Stato solidale, ma liberale. Uno Stato a misura di chi vuole il massimo dalla vita. Di chi è disposto a rischiare per dare il massimo alla sua famiglia. Perché sappiamo bene e lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle quando siamo andati all’estero, quando abbiamo fatto i camerieri per pagarci gli studi, quando siamo stati accolti da una università straniera perché in Italia non trovavamo spazio, quando ci siamo inventati un lavoro, quando abbiamo fatto una startup, quando abbiamo portato all’estero una idea perché qui non era possibile realizzarla, quando abbiamo aperto la partita iva, che se non rischi non vai da nessuna parte. L’apatia vogliamo combatterla con l’entusiasmo. L’immobilità l’annienteremo con il dinamismo. La precarietà sarà vinta dalla solidarietà! Non vogliamo più sentire promesse di falsa stabilità da elettrocardiogramma piatto, non vogliamo più sentirci dire che "andrà tutto bene ma fa come ti dico io". Adesso le promesse vogliamo farle noi perché sappiamo che possiamo mantenerle. Non vi possiamo promettere che andrà sempre tutto bene, anzi ve lo assicuriamo che non sarà così. Il nostro sforzo sarà per ottenere il massimo possibile, per consentire a tutti di avere il massimo di quello che questo Paese offre a ognuno. Ci saranno dei momenti belli e dei momenti difficili. Ma vi prometto che nessuno sarà mai lasciato solo dallo Stato. La connessione fa la forza è il nostro motto. L’intelligenza collettiva è il nostro conforto. La partecipazione è il nostro stimolo. Noi siamo quelli che nonostante tutto ce la stanno facendo. E, nonostante tutto, questa volta possiamo farcela davvero. Se tutti partecipiamo e scegliamo, allora davvero cambiamo l’Italia. Grazie a tutti!

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