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Storia e Storie

Giuseppe Liuccio: CILIENTO, IENESTRE, CERASA E VASI

Inserito da (admin), martedì 15 settembre 2015 14:48:20

In questo periodo molti genitori vivono l'ansia dei primi giorni dei loro figli a scuola, paure frustrazioni e ricordi più o meno sfocati di quello che la propria infanzia è stata. Diverso invece è l'approccio dei nonni, forti di aver passato tutto l'arco temporale dei propri figli fino a raggiungere il tempo in cui a loro volta sono diventati genitori. Ed è proprio da nonno che il poeta, scrittore e professore, Giuseppe Liuccio, con un post su Facebook ci ha regalato un'anticipazione su quello che sarà il suo prossimo libro di poesie. Dal titolo, "CILIENTO, IENESTRE, CERASA E VASI" e dalla poesia postata, intuiamo che si tratterà di un libro in dialetto "Cilentano" terra nativa del Prof. Liuccio. Alla poesia lasciamo come introduzione il post dello stesso autore permettendoci di appuntare solo come da questa si evinca la nostra risorsa più importante "il tempo" nel momento in cui lo si chiama "presente": "I miei nipotini hanno iniziato con frizzante entusiasmo e grande emozione il nuovo anno scolastico. Su di loro, come fanno tutti i nonni, trasferisco speranze di futuro; e la scuola è una palestra di vita per costruire una società migliore, che sarà tale se la costruiamo innestandola alle radici del passato, per esaltare il presente e costruire il futuro. La poesia di oggi, un pò lunga, vuole essere una lezione di vita per i miei nipotini e per tutti i bambini del mio Cilento, dei loro genitori e dei loro nonni, ma anche per i tanti insegnanti che mettono impegno e amore nella loro missione educativa. L'ho scritta in dialetto, perchè è più familiare e coinvolgente nella rasposa sonorità del linguaggio. Mi farebbe piacere se passasse, per tutti il messaggio che una società che non ama e recupera il passato è una società con precario presente e senza futuro Io v'aggia fa lo cunto re na vota quann'era criaturo e ghia a la scola a lo paese mio addò sò nato. Paria n'angiulieddo re l'altare co li capiddi ricci, anella anella. Lo primo iuorno me nc'accompagnao mamma Michela e me tenia la mano. Io me priava e me la fessiava co lo grembiule ianco com'a neve e co na nocca rossa com'a rosa e na borsa re pezza colorata li quaderni e lo sillabario nuovi l'astuccio co ,lo labbess'e la penna. La maestra tenia na facci tonna, l'uocchi re sole e li capiddi r'oro e me mparava co tanta pacienzia consunanti e vocali a e i o u e me facia tanti cunti belli re fate gnomi principi e maare. Li uorni re bontiempo a primavera nsiem'a l'ati cumpagni ne purtava fore pe le vie re campagna c'addurava re rose e de ienestre E nc'erano mature le cerase a scocche a scocche, ceuze azzeccose E me mparava c'amore e pacienza li nomi re li fiuri e de li frutti tuccannoli co na mazza mmano. E a la casa io nce strulacava assettato a no piesciolo re cerza nnanti lo vango ca servia pe tutto: matra pe nc'ammasà fusiddi e pane e scrivania addò scarabucchiava pensieri ca vulavano pe cielo come a palummelle nnamurate; patrimo era spierto pe lo munno a fa la uerra senza nu mutivo, le criature morte pe le bombe, città vrusciate e case sgarrupate li ricchi co le machine e le ville li puverieddi spisso senza pane. Io non tenia giocattoli e lo vico era lo campo addove pazziava co lo strummolo, a tutti giù per terra. a lo schiaffo, co na palla re pezza co li cumpagni ca ricordo ancora. Lo vico è stato iuoco, scola, vita E m'à mparato ca l'anni re tanno nun t le può scurdà fino a ca campi pecchè sò l'anni re la felicità. Facietti gruoso e me nne ietti fore. Lassai lo paese e assavolai. E me nne ietti voito pe lo munno. E me mparai leggenno e sturianno ca chsto munno è proprio fatto ammunno. E nc'è chi nata e nc'è chi vaie a funno Pe chesto aggio scritto e scrivo ancora libri ca voleno no munno nuovo addò nu nc'è chi mangia a ddoie velozze e chi s'arrangia co vescuotti e tozze. Stu munno nun pò gghì senza giustizia. Mo ca sò fatto viecchio e spisso torno pe nostalgia r'amore e la paese vao a lo camposanto addò nce trovo cumpagni re quann'era criaturo ca me rireno mbacci li ritratti. Nce trovo mamma e patrimo e me fermo a luongo sulo sulo e chiacchiareio. Rico ca tengo rui neputi belli e co la capo bbona come a miico. "Ma no le conoscimo, belli a nonna" rice mamma Michela "Portannilli a verà" recllama nonn'Antonio "Ve lo giuro. Lo fazzo" re prometto Le lacreme me girano inta l'uocchi. Mamma e patrimo rireno felici quanno le lasso a luce re cannela c'accarezza leggera li ritratt. Attuorno nc'è n'addore re campagna chero ca piacia tanto a mamma.

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