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Saluto romano, Cassazione: "Applicare legge Scelba"

Secondo i giudici del palazzaccio non si tratta di reato solo se il saluto romano e il grido “presente “ viene fatto in occasione di commemorazioni e non sussiste il pericolo concreto di ricostituzione del disciolto partito fascista

Inserito da (Redazione Nazionale), venerdì 19 gennaio 2024 09:27:05

di Norman di Lieto

Tutto è partito dalla commemorazione del 7 gennaio scorso, quando davanti all'ex sede dell'Msi di Acca Larentia nel quartiere Tuscolano di Roma, si erano riuniti circa un migliaio di manifestanti arrivati anche da altre città, sia italiane che estere, e diversi ultrà.

È da 46 anni, dal 7 gennaio del 1978 che si ricorda, ogni anno, il pluriomicidio ad opera di un gruppo armato dell'estrema sinistra nel quale vennero uccisi due giovani del Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta che furono freddati davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano, in via Acca Larentia, nel quartiere Tuscolano di Roma.

Qualche ora dopo trovò la morte un terzo attivista della destra sociale, Stefano Recchioni, durante gli scontri con le forze dell'ordine.

C'è stato quindi il tradizionale "presente", urlato a gran voce, in ricordo dei "camerati caduti" stendendo il saluto romano.

Da qui, si era alzato un polverone politico che aveva portato la segretaria del Pd, Elly Schlein a chiedere a Giorgia Meloni di intervenire, visto il suo silenzio e di sciogliere tutti i gruppi fascisti presenti nel nostro Paese.

Dopo la commemorazione al Tuscolano la Digos aveva identificato un centinaio di persone con diverse persone denunciate e con una lista in fase continua di aggiornamento.

Dopo lo scontro tra Pd e Fratelli d'Italia si attendeva il responso della Cassazione chiamata a pronunciarsi proprio sul 'saluto romano' anche se in relazione ad una vicenda dell'aprile del 2016 ed avvenuta a Milano nel corso di una commemorazione di Sergio Ramelli, Carlo Borsani ed Enrico Pedenovi.

E anche gli 'ermellini' non sembrano riuscire a redimere una questione che si rivela sempre più sottile e spinosa: se il saluto romano e il grido "presente " viene fatto in occasione di commemorazioni e non sussiste il pericolo concreto di ricostituzione del disciolto partito fascista, non è reato.

Per questo i giudici delle Sezioni Riunite hanno chiesto alla Corte di appello di Milano di verificare "se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista".

Quindi, in attesa della pubblicazione delle motivazioni da parte della Cassazione si 'intrecciano' legge Scelba del 1952 e legge Mancino del 1993.

Così le Sezioni Unite della Cassazione, dopo 3 ore di camera di consiglio si sono pronunciate, in questo modo:

"Il saluto romano e la chiamata del 'presente' sono un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista che dunque integra il delitto previsto dall'articolo 5 della legge Scelba laddove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista.

Perché il saluto romano costituisca reato per la legge Scelba deve essere associato alla sussistenza del pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista e, a determinate condizioni, il 'saluto fascista' può integrare il delitto previsto dal decreto Mancino. I due reati possono concorrere e ciò significa che con lo stesso gesto possono essere violate sia la legge Scelba che il decreto Mancino".

Quindi, dal 'palazzaccio' non escludono però del tutto il richiamo alla legge Mancino:

"A determinate condizioni - affermano infatti - può configurarsi" anche la violazione della legge Mancino che vieta "manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Dunque "i due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge".

Le Sezioni Unite, in attesa delle motivazioni che chiariranno ulteriormente la sentenza, hanno quindi "riqualificato" i fatti ai sensi della legge approvata nel 1952 e in particolare nell'articolo in cui si afferma che "chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con una multa".

Gli avvocati delle difese:

"La Cassazione ha stabilito che il saluto romano non è reato.

Se mancano sia il tentativo di ricostituzione del partito fascista o programmi di discriminazione ovviamente non è reato.

La cerimonia del 'presente' quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anni, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere".

Una decisione accolta con "rispettoso riconoscimento" da fonti vicine al presidente del Senato Ignazio La Russa, che proprio sul tema attendeva "con interesse" la posizione delle sezioni unite perché riteneva "occorresse chiarezza".

È una sentenza "che si commenta da sola e alla quale non occorre aggiungere altro", spiegano le stesse fonti di palazzo Madama.

 

Fonte foto: pagina FB Tg3 (entrambe)

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