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Lavoro e Formazione

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Lavoro, una fotografia troppe volte distorta

Il rapporto Censis-Confcooperative su: 'Lavoro, il mercato contorto: l'Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni' apre una prospettiva diversa su cui guardare. L'analisi dei soli numeri riguardo l'occupazione nel nostro Paese può trarre in inganno

Inserito da (Redazione Nazionale), martedì 7 novembre 2023 17:55:54

di Norman di Lieto

Il tema del lavoro in Italia pare un labirinto senza uscita: a volte si festeggiano dati provvisori relativi ad un dato periodo appena terminato che magari è risultato migliore rispetto al precedente.

L'Istat, per esempio, a settembre ha certificato un bel segno + riguardo ad un aumento degli occupati pari a 42mila unità, ed un contestuale aumento dei disoccupati che arrivano a 35mila unità.

Si parla di ripresa del mercato del lavoro, come detto, perché i dati precedenti erano meno positivi di quelli di settembre.

Ma può bastare stappare lo champagne in mancanza di un vero salto 'strutturale' nel mondo del lavoro?

Un occupato con un contratto di 3 mesi che potrebbe essere non rinnovato, è un occupato per quel periodo.

Positivo a prescindere?

Intanto il tasso di disoccupazione femminile in Italia sale all'8,3% a settembre, a fronte di una media dell'eurozona stabile al 6,8%.

E la distanza è ancora più lunga per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni: la disoccupazione giovanile italiana è al 21,9%, quella media dell'Eurozona al 14%.

Il missmatch rimane tra quello che cercano le imprese e i lavoratori che non si trovano, ovvero le persone che cercano di trovare un'occupazione degna di questo nome.

Una professionista del mondo del lavoro mi disse una volta, una frase (e una realtà) illuminante:

"Contiamo i posti di lavoro, non le postazioni di lavoro".

Sì, perché se lasciamo fuori per un momento dal dibattito il tema dei salari bassi per quei 3,5 milioni di lavoratori poveri, in sostanza resta la mancanza di formazione di quelle persone in cerca di lavoro che andrebbero assunte ma che non ne hanno una adeguata.

Le imprese che cercano una specifica figura professionale non potrebbero provare ad investire in corsi di formazione interni per fare in modo che quelle figure professionali che non si trovano, le formino direttamente loro al proprio interno?

Se le scuole davvero non sono in grado di formare i lavoratori richiesti, provate a farlo voi, care imprese, nel 'grembo' della vostra azienda.

Com'è noto, nonostante i tanti ragazzi senza lavoro, le imprese continuano a lamentare di non trovare le figure professionali di cui necessitano: è un'analisi del Censis per Confcooperative a stimare che il costo dei posti vacanti in 28 miliardi di euro, l'1,5% del Pil, e in crescita.

"Il lavoro continua a esserci, ma anche i lavoratori continuano a mancare e ciò non consente alle imprese di spingere sull'acceleratore così come potrebbero", ha dichiarato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, presentando lo studio 'Lavoro, il mercato contorto'.

I lavoratori irreperibili sono 316 mila e le difficoltà di assunzione sono collegate all'invecchiamento della popolazione, alla distribuzione geografica dei posti disponibili e ai cambiamenti nelle aspettative che riguardano il lavoro.

C'è il tema reale dell'invecchiamento della popolazione: il 40% degli occupati in Italia hanno ormai 50 anni e anche di più e nell'arco di dieci anni, i lavoratori in questa fascia di età sono aumentati di quasi 3 milioni.

Nello stesso periodo gli occupati al di sotto dei 35 anni si sono ridotti di 361 mila unità.

C'è un altro tema, sostanzialmente interessante, l'aumento dei lavoratori autonomi che da gennaio a settembre, rispetto all'anno precedente, mostrano un incremento di 62mila unità,.

C'è un altro tema culturale che riguarda il mondo del lavoro: negli ultimi 10 anni è cambiata anche la filosofia che sta dietro al lavoro e in chi lo cerca, non semplicemente per averne uno.

Ma che abbia un senso: nelle proprie aspettative, in linea con ciò che ha studiato, nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro, nella coerenza di ciò che l'azienda professa e ciò che realmente fa, senza dimenticare il tema - fondamentale - della salute mentale. Anche e, soprattutto, sul luogo di lavoro.

Nel 2012 gli insoddisfatti del proprio lavoro rispetto alle competenze possedute era il 13,1%, 10 anni più tardi la percentuale ha raggiunto il 36,1%: è quanto emerge dal rapporto Censis-Confcooperative su 'Lavoro, il mercato contorto: l'Italia alle prese con mismatch, demografia e grandi dimissioni'.

E, come detto, cambiano le aspettative: nel 2012 il 51,2% degli occupati a tempo indeterminato dichiarava di voler cambiare lavoro per guadagnare di più. Nel 2022 questa percentuale, pur restando la più elevata fra le motivazioni, si attesta a un livello molto più in basso: il 36,2%". E' quasi affiancata dalla percentuale degli 'insoddisfatti' che cercano "un lavoro più qualificante per le proprie capacità/competenze e con maggiori prospettive di carriera".

Il lavoro è cambiato e continua a cambiare e forse il nostro sistema, lo sta capendo con colpevole ritardo.

È ora di porre rimedio a questo gap, tutto nostro.

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